Ambulatorio

Persone in attesa sulle sedie plastificate, sistemate lungo le pareti dell’ambulatorio: per lo più anziani, per non dire vecchi. Nel bel mezzo una bimbetta si trascina dietro una bambola di pezza, di quelle con gambe e braccia a salsicciotto. Piagnucola, più per noia che per altro, ma pare giusto così. La sorellina, di qualche anno più grande, se ne prende cura coccolandola e bisbigliandole parole in un orecchio. Hanno capelli lunghi ricci e lineamenti arabeggianti. Le accompagna la madre, una giovane bardata di una veste nera che la copre dalla testa fino alla punta dei piedi, incinta. Fa molto caldo.

Le sorelline non paiono diverse dai nostri figli, confabulano facendo dondolare le gambe penzoloni, le loro vocine suonano delicate. Mamma tira fuori dalla borsa, nera, il cellulare; telefona con lo sguardo rivolto verso la finestra, l’aria assente.

Tutti sono in attesa nella stanza, mentre il tempo passa.

Il tempo…tempo per crescere,  tempo per ritrovarsi fuori tempo e fuori luogo, tempo per farsi inghiottire dalle nere vesti dell’anonimato, della non forma, della non esistenza, del soffoco…mentre fuori i colori volano in libertà.

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